come affrontare al meglio la “fase 2” e il ritorno ad una diversa normalità.

Come affrontare al meglio la “fase 2” e il ritorno ad una diversa normalità

11 Mag 2020 Blog

Chissà chissà domani…

Ci risiamo, la fase 1 è da poco conclusa…ora ci tocca fare i conti, a partire dal 4 maggio, con la “fase 2”, un periodo-finestra in cui pian piano riprenderanno le attività produttive e molte persone torneranno in “libertà”, potendo lasciare le proprie case con meno restrizioni ma non con meno attenzione.

Per il ritorno totale alla “normalità” dovremo pazientare ancora un po’.

Le norme in previsione ci hanno portato e ci porteranno a cambiare le nostre abitudini nelle relazioni sociali e nella vita di tutti i giorni, con un conseguente periodo di assestamento anche mentale.

Dove eravamo rimasti? Ah si, già qualche mese fa siamo stati messi a dura prova dall’emergenza sanitaria che ha colpito fortemente il nostro Paese. Ognuno di noi, almeno una volta al giorno, ha cercato di dare risposta a queste domande:

“Cosa faccio oggi? Come occupo il mio tempo? Passerà pure questa giornata?”

Con svariati sforzi ed ognuno a suo modo, dedicandoci a quello che finora avevamo tralasciato per mancanza di tempo, sistemando i vecchi cassetti, piantando qualche fiore, ripassando qualche materia insieme ai propri figli, cercando confronto e conforto in qualche persona cara, dando sfogo a nuove passioni artistiche o culinarie, sperimentando nuove versioni di sé stesso, ristabilendo nuove priorità e incuriosendoci di un nostro aspetto ritrovato o sconosciuto.

Tutto questo all’inizio ci sembrava impossibile al sol pensiero, eppure siamo riusciti giorno dopo giorno con ostinazione, determinazione, sfida, ansia, rabbia, tristezza, tensione a seguire una piccola “luce” di speranza che ci potesse condurre su una strada meno faticosa.
Rivolgendo uno sguardo al passato…

Quale situazione ci ha fatto sentire così? Quand’è che abbiamo provato emozioni analoghe? Come ne siamo usciti? Cosa ci ha fatto stare meglio?

Sicuramente c’è una risposta soggettiva ad ognuna di queste domande ma, allo stesso tempo, ce n’è una che accumuna tutti noi. Inconsapevolmente, la condizione che stiamo vivendo oggi, ognuno di noi l’ha già vissuta, chi più recentemente e chi diversi anni fa…quando si è trovato all’interno del grembo materno.

Eravamo in un luogo buio, circondati da liquido amniotico che ci sosteneva e ci proteggeva dall’ambiente esterno, al calduccio e al riparo da forti rumori in una “casa” confortevole, respiravamo e ci nutrivamo tramite un “tubicino” chiamato cordone ombelicale. Nel complesso possiamo dire che abbiamo vissuto per ben 9 mesi in una vita di agio, relax e benessere. A volte poteva capitare di condividere questa straordinaria esperienza con qualcuno/a non tanto diverso/a da noi.

Dopo un po’ di tempo così, la “pacchia” ebbe fine con il passaggio dalla vita intrauterina a quella extrauterina.

Nel venire al mondo, anche se non è tra i nostri ricordi, in pochi attimi abbiamo lasciato il contatto con il liquido e ci siamo ritrovati a contatto con l’aria e soprattutto ad una temperatura molto inferiore rispetto a quella a cui eravamo abituati; in un ambiente molto luminoso rispetto al precedente, ed anche i rumori non erano più ovattati ma sonori e diretti.
Al momento della nascita, ci siamo trovati di colpo proiettati all’esterno e, nel giro di breve tempo, siamo stati sottoposti a modificazioni fisiologiche notevoli e le nostre capacità d’adattamento ci hanno permesso di iniziare una nuova vita all’esterno.

Come allora, se ci riflettiamo un po’, anche ora ci dobbiamo preparare a questo passaggio tra la vita scandita nelle mura domestiche, al mondo che fuori ci aspetta. Anche qui il nostro passaggio avverrà gradualmente, rispettando le norme richieste dal Governo in particolare distanza, protezione ed attenzione. Sicuramente tutto questo ci espone a qualcosa che appartiene alla “vecchia vita” e che ci sembra difficile da compiere. Allo stesso modo proviamo ansia, paura, rabbia, frustrazione, preoccupazione, agitazione, indecisione verso qualcosa che in qualche modo anche ora sconvolge la nostra quotidianità e che ci chiede un cambio di equilibrio e maggiore flessibilità.

Come ci possiamo preparare ad affrontare questa nuova fase?

Facciamo ancora un piccolo sforzo e proviamo a guardare al futuro con un sorriso.

Sicuramente le difficoltà ci saranno ma ecco alcuni punti sui quali soffermarci per vivere al meglio questo periodo di transizione prima del ritorno alla “normalità”:

  1. Ora che bisogna limitare gli incontri con gli altri, prenditi del tempo per te;
  2. La paura non è per sempre, è solo un periodo. Fai piccoli progetti pensando al futuro e cerca di tenere un atteggiamento costruttivo;
  3. Ricorda che puoi sentire/stare vicino agli altri anche da lontano con piccoli gesti: una telefonata, una videochiamata, un messaggio della buonanotte, facendo un regalo online, aiutando le persone in difficoltà con una spesa solidale;
  4. Resta positivo, cerca di tirare fuori qualcosa di buono da questa esperienza, mettiti in gioco in nuove attività;
  5. Ora che è concesso uscire un po’ di più, riorganizza le tue abitudini ma fallo sempre con prudenza.
  6. Non dimenticare che dalle esperienze negative possiamo trarre dei benefici: una maggiore riconoscenza verso la vita, l’individuazione di nuove possibilità per la propria esistenza, relazioni interpersonali più gratificanti, una vita spirituale più ricca, più empatia ed altruismo.

A pensarci bene…Non siamo tanto diversi da una città che viene ricostruita dopo un evento sismico. ll processo di ricostruzione funziona un po’ così: dopo un evento traumatico e negativo, l’accaduto viene elaborato intensamente, si pensa continuamente a quello che è successo, generando reazioni emotive molto forti.

La ricostruzione può essere un procedimento molto impegnativo. Il lavoro di crescita richiede un distacco, un allontanamento dagli obiettivi più antichi, dalle proprie abitudini mentre si costruiscono nuovi obiettivi, nuovi schemi e significati. Può essere un percorso lungo e complicato, ma può aprire la porta ad una nuova vita. Una persona “sopravvissuta” è una persona che può ricostruire se stessa in modo più autentico, più fedele al suo io profondo.

Le avversità ci costringono a riesaminare un po’ tutto quello che ci circonda senza escludere però noi stessi, arricchendoci e facendoci uscire dal nostro modus pensandi, ripensando a tutto quello dato finora per scontato, interrogandoci continuamente e facendoci conoscere acque sconosciute.

La vita d’altronde è sempre pronta ad insegnarci qualcosa…

“Capita così con le lezioni: c’è sempre da imparare, anche se non vogliamo” -Cecelia Ahern-

Come affrontare al meglio la “fase 2” e il ritorno ad una diversa normalità

Ed ora ci sentiamo un po’ tutti come i versi di questa famosa canzone:

“C’è un giorno che ci siamo perduti
Come smarrire un anello in un prato
E c’era tutto un programma futuro
Che non abbiamo avverato
È tempo che sfugge, niente paura
Che prima o poi ci riprende
Perché c’è tempo, c’è tempo c’è tempo, c’è tempo
Per questo mare infinito di gente…”

…ma provando a scorgere un po’ di luce oltre questo confine…un domani c’è.

Dott.ssa Emanuela Sorrentino
Psicologa- Psicoterapeuta sistemico relazionale

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