Dall?International Journal of Epidemiology: obesit? e salute

L’Organizzazione Mondiale della Sanit? considera l’obesit? una vera e propria epidemia che sta si sta espandendo a macchia d’olio non solo nei paesi ricchi ma anche in quelli pi? poveri. L’epidemia del secolo. Il segnale d’allarme ? stato recepito dagli organi governativi di competenza, che stanno valutando quale strategia di politiche sanitarie adottare per contenere la crescita della curva dell’indice di massa corporea (BMI, body mass index ). Anche gli organi scientifici prendono in seria considerazione il problema, come dimostra il numero crescente di pubblicazioni sui fattori di rischio che stanno alla base di questa epidemia. Ma dietro questo messaggio – chiaro ed inequivocabile – ci sono troppe poche linee-guide evidence-based per la prevenzione e cura dell’obesit? che possano garantire risultati sicuri a lungo termine. Cos? scrivono Debbie Lawlor dell’Universit? di Bristol e Nish Chaturvedi dell’Imperial College al St Mary’s, nell’editoriale che introduce lo speciale dell’ International Journal of Epidemiology dedicato al problema sanitario dei chili di troppo.
Ma si tratta di un reale problema di salute pubblica o piuttosto di una questione di panico morale? Se lo chiedono il professore di legge Paul Campos dell’Universit? del Colorado, il sociologo Abigail Saguy dell’Universit? della California, il nutrizionista Paul Ernsberger dell’Universit? del Cleveland, il politologo Eric Oliver dell’Universit? di Chigago, e il fisiologo dell’attivit? fisica Glenn Gaesser dell’Universit? della Virginia. I cinque colleghi statunitensi aprono un serrato dibattito, sull’ International Journal of Epidemiology, su quanto e cosa ? noto sulla relazione obesit?, grasso e salute. Le agenzie di salute pubblica in tutto il mondo si stanno rimboccando le maniche per trovare le giuste strategie ?per mitigare la presunta malattia dell’obesit?? che sembra presentata come una delle principali cause di mortalit? nel mondo, ma non si tratta forse di un allarmismo esagerato mosso da fattori culturali e politici? Si pu? davvero parlare di epidemia?
Paul Campos e colleghi sottolineano innanzitutto che non siamo davanti a una epidemia perch? di fatto non si registra nessuna crescita esponenziale della curva del peso medio della popolazione globale. Negli Usa, ad esempio, si osserva una crescita parziale della curva del peso medio: la maggior parte della popolazione pesa solo 3-5 chili in pi? della generazione precedente. ?Un guadagno di peso medio che pu? essere spiegato con un introito di 10 calorie in pi? al giorno, pari a un Big Mac ogni due mesi!?. Nulla a che vedere con le statistiche presentate dai media, che demonizzano i cibi ipercalorici e i corpi extrasized, e con quelle delle airlines statunitensi che valutano il peso medio dei loro passeggeri pari a 90 chilogrammi.
Inoltre non ? ancora chiaro quali siano i principali effetti sulla salute globale dell’incremento della obesit? e del sovrappeso: malattie cardiovascolari, diabete, aspettativa di vita? Se si mette in relazione il famoso BMI con il rischio di insorgenza di sviluppare queste malattie o di compromettere le aspettative di vita, si riscontrano solo piccole differenze all’interno di una ampio intervallo di BMI e che la relazione pu? cambiare tra diversi sottogruppi etnici. E non ? nemmeno provato che perdere peso faccia sempre e comunque bene. Anzi diete fai-da-te come pure molte delle diete presentate bollino di qualit? (come la popolare Atkins), supplementi dietetici, la mania della magrezza hanno gravi effetti collaterali sulla salute. Quello che incide sulla qualit? della vita e sul rischio di malattia ? fondamentalmente la qualit? della vita (alimentazione sana, attivit? fisica, controllo della pressione arteriosa, ecc.).
Campos e colleghi sono dell’idea che i dati scientifici che supportano la ?guerra al grasso? sono scarsi. E che l’attenzione dei media sull’obesit? ? cresciuta esponenzialmente sia in numero (da 62 articoli pubblicati nelle Lexis-Nexis Us News Sources nel 1980 a pi? di 6500 nel 2004) sia in allarmismo esagerato (l’uso delle ?metafore allarmanti? compare in pi? della met? degli articoli). Le ragioni? Innanzitutto economiche e politiche: le industrie del benessere non solo ?influenzano? la comunicazione sui media, ma anche la ricerca clinico-scientifica. Come? Finanziando gli studi che si incentrano sulla relazione tra obesit? e salute lasciando in secondo piano altri campi della problematiche che meriterebbero maggiore attenzione; supportando le attivit? delle societ? scientifiche che promuovono l’urgenza della ?epidemia dell’obesit??. Poi vi sono i politici che tendono a ricondurre un problema sanitario che interessa l’intera popolazione e il suo impatto sui costi sanitari alla ?responsabilit? individuale? del singolo cittadino. br>
Il crescente interesse dei media ? una dimostrazione di ?panico morale?. Un fenomeno tipico di quelle fasi di rapido cambiamento sociale, che porta a un’esagerazione o falsificazione dei fattori di rischio, alla proiezione delle ansie della societ? su un gruppo stigmatizzato e ad una discriminazione di genere e di razza. Studi di sociologia rilevano che ? comune giudicare negativamente le persone in sovrappeso, ancor di pi? se di colore o delle classi socioeconomiche pi? basse; inoltre, le madri lavoratrici vengono spesso ritenute le responsabili della cattiva alimentazione dei figli e dei loro problemi con la bilancia. ?Le evidenze scientifiche dovrebbero spingere i professionisti e i politici della salute a valutare se ha senso parlare dell’BMI come di un barometro della salute pubblica?, concludono Campos e colleghi. ?E dovrebbero soffermarsi a valutare se l’idea diffusa di un’epidemia dell’obesit? non promuova invece interessi politici ed economici di certi gruppi, danneggiando coloro che vengono ingiustamente accusati o stigmatizzati?.
Uno dei membri del Childhood Programme of the International Obesity Taskforce, Tim Lobstein, interviene puntualizzando che il dibattito sull’obesit? e l’implementazione di una risposta politica non dovrebbe riguardare il panico morale ma piuttosto i diritti dell’uomo. ? necessario un approccio democratico che tenga in considerazioni anche a quelle voci non ascoltate che sono spesso colpevolizzate e oggetto dei dibattiti politici ? i poveri, i neri e le madri che lavorano.
Soowon Kim del Center on Social Disparities in Health dell’Univesit? della California, e Barry M Popkin del Department of Nutrition del North Carolina at Chapel Hill considerano la tesi di Campos e colleghi per la metodologia su cui ? stata costruita. Concordano che vi siano alcune complessit? delle relazioni complesse tra sovrappasso e problemi di salute e velati interessi economici entrano in gioco della ricerca che viene fatta e nelle relative campagne promozionali ma rigettano la teoria del panico morale e dell’isteria culturale. ?Siamo davanti a un problema di salute pubblica che merita attenzione?.

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