Alti valori di vitamina D diminuiscono il rischio di Crohn

Elevati livelli plasmatici di 25-idrossivitamina D hanno dimostrato – in un’ampia coorte costituita solo da donne – di ridurre in modo significativo il rischio di morbo di Crohn e, seppure in modo statisticamente non significativo, di colite ulcerosa. È l’esito di una ricerca iniziata nel 1986, quando un team di ricercatori afferenti a diverse strutture ospedaliere di Boston chiese a 72.719 donne, di età compresa tra i 40 e i 73 anni, di compilare un questionario relativo alla loro alimentazione e allo stile di vita; basandosi su questi dati vennero elaborati valori predetti di 25(OH)D rispetto ai livelli misurati direttamente nel plasma. Lungo un follow-up di 1.492.811 anni-persona, durato complessivamente fino al 2008, gli autori  – coordinati da Ashwin N. Ananthakrishnan, del Massachusetts general hospital di Boston (Usa) – hanno documentato 122 casi di morbo di Crohn e 123 di colite ulcerosa. Il livello medio predetto di 25(OH)D è stato di 22,3 ng/mL nel quartile inferiore e di 32,2 ng/mL in quello superiore. Rispetto al quartile con valori più bassi di vitamina D, il quartile superiore si è associato a un hazard ratio per il morbo di Crohn di 0,54 e per la colite ulcerosa di 0,65. La correlazione inversa che intercorre tra i livelli di vitamina D e queste due patologie si conferma in modo ancora più evidente se si prende in considerazione il rischio delle donne con livelli predetti di 25(OH)D superiori ai 30 ng/mL rispetto a quello delle donne con valori inferiori ai 20 ng/mL: l’hazard ratio è stato rispettivamente di 0,38 e di 0,57 per la malattia di Crohn e per la colite ulcerosa. 

Gastroenterology, 2012; 142(3):482-9

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