Scompenso cardiaco e indicazioni terapeutiche delle Linee Guida

12 Lug 2012 Cardiologia

Alcuni cardiologi di Los Angeles, confrontando un gruppo di pazienti con scompenso cardiaco che erano deceduti entro due anni dall’arruolamento con un altro gruppo di pazienti che invece non erano morti, hanno voluto verificare se il rischio di mortalità fosse correlabile all’attinenza o meno alle raccomandazioni terapeutiche contenute nelle principali linee guida sullo scompenso cardiaco. L’ uso dei beta-bloccanti e, laddove necessaria, della terapia di re-sincronizzazione cardiaca (CRT) ha ridotto significativamente il rischio di morte rispettivamente del 58% e del 56%, mentre gli sforzi educativi circa la ottimale gestione della insufficienza cardiaca lo ha ridotto del 27%. Ininfluente invece l’utilizzo degli antagonisti dell’aldosterone (vedi tabella 1). I ricercatori hanno inoltre osservato una riduzione della mortalità incrementale ad ogni successivo trattamento raccomandato dalle linee guida: infatti associando beta-bloccanti agli ACE-inibitori e/o sartani e/o all’ICD, come pure ad una buona educazione sulla gestione della insufficienza cardiaca, si è osservata una straordinaria riduzione del rischio di morte a due anni, pari all’81%, anche se si è rilevato un plateau una volta che il paziente veniva trattato con quattro o cinque differenti terapie (vedi tabella 2). Ovvie le conclusioni degli autori dello studio circa la necessità di utilizzare le linee guida sia in termini di terapia al basale che di necessità di una sua modificazione incrementale nel corso della evoluzione clinica dello scompenso; conclusioni ovvie ma utili per rafforzare nei clinici questa necessità. 

Fonarow GC et al. Incremental Reduction in Risk of Death Associated With Use of Guideline-Recommended Therapies in Patients With Heart Failure: A Nested Case-Control Analysis of IMPROVE HF  Journal of the American Heart Association. 2012; 1: 16-26

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