Urologi, no a chirurgia preventiva della prostata

12 Lug 2013 Urologia

No allo screening genetico di massa e alla chirurgia preventiva su organi sani per evitare l’insorgenza di tumori alla prostata. Questo l’appello lanciato dagli specialisti nel corso del XXIII congresso della società italiana di urologia oncologica (Siuro) in corso a Firenze.
Una presa di posizione che arriva dopo il caso di Angelina Jolie, che ha subito una mastectomia per evitare l’insorgenza di tumore al seno, e quello di un manager londinese che si è fatto asportare la prostata sana per scongiurare il rischio di tumore.
«Per la prostata, a differenza di quello che accade per il tumore al seno e per ovaie» spiega Giario Conti, presidente Siuro «le conoscenze attuali non sono assolutamente tali da garantire la correlazione tra l’alterazione dei geni e l’insorgenza del tumore». Il test di screening genetico per il tumore alla prostata, spiegano gli esperti, va richiesto solo per colore che hanno numerosi precedenti in famiglia. «La presenza di un’anomalia genetica non rappresenta la certezza di contrarre il tumore» precisa il vicepresidente Siuro Alberto Lapini, e non giustifica in alcun modo una scelta radicale come l’asportazione della prostata».
Dal punto di vista dell’incidenza, nell’ultimo decennio il carcinoma prostatico è diventato il tumore più frequente nella popolazione, ma il tasso mortalità è in diminuzione. In Italia un cittadino su 16 di età superiore ai 50 anni è a rischio tumore: oggi sono circa 217.000 gli italiani che convivono con la malattia e il numero di nuovi casi è in continua crescita, con un incremento del 53% negli ultimi 10 anni, dovuto soprattutto all’aumento dell’età media della popolazione. Tuttavia questo tipo di tumore non è fra i “big killer”: il 70% dei malati sopravvive dopo i 5 anni dalla diagnosi, grazie a maggiore prevenzione, nuove terapie e farmaci di ultima generazione.

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Cancro alla prostata, possibile ruolo protettivo grassi vegetali

12 Lug 2013 Urologia

Rimpiazzare carboidrati e grassi animali con grassi vegetali potrebbe ridurre il rischio di morte negli uomini con tumore della prostata non metastatico, almeno secondo un articolo pubblicato online su Jama Internal Medicine. «Quasi 2,5 milioni di persone convivono con un cancro alla prostata negli Stati Uniti, ma poco si sa sul ruolo svolto dalla dieta seguita dopo la diagnosi nella progressione della neoplasia e nella mortalità globale»

l�?�rvp& 8>$ ll’indicazione rendono le prugne secche diventano l’unico frutto intero secco ad aver ottenuto l’ok per un claim salutistico. Il processo di applicazione, iniziato grazie agli sforzi del California Prune Board, il consorzio che racchiude i produttori di Prugne della California è durato sei anni.
 
 Ad esempio in Italia, la media è di 18.6 gr di fibre al giorno assunte dalla popolazione adulta. Le prugne secche hanno naturalmente un alto contenuto di fibra alimentare, e tre prugne secche della California costituiscono una delle cinque porzioni al giorno di frutta e verdura necessarie per una dieta sana ed equilibrata. Mangiarne 100 gr al giorno (pari a 8-12 prugne) garantisce un effetto benefico per la salute dell’apparato digerente, e fornisce oltre un quarto (7.1 gr) della quantità raccomandata di 25 gr di fibre al giorno, rendendole quindi un’ottima soluzione per aumentare l’apporto di fibre nella dieta. La nutrizionista Jennette Higgs ha commentato: “La regolarità intestinale è legata a un adeguato apporto di fibre nella dieta, tuttavia in generale in tutta Europa l’assunzione di fibre è inferiore alle dosi raccomandate. Le fibre provengono da frutta, verdura, insalata, cereali integrali, noci e semi,  quindi è importante includere un’ampia varietà di questi alimenti nella dieta quotidiana.”
Da questo punto di vista la decisione dell’EFSA costituisce una notizia positiva per gli operatori sanitari e potrebbe aiutare la popolazione a fare scelte ancor più consapevoli, fornendo la prova scientifica definitiva di ciò che è stato di senso comune da generazioni, ossia che le prugne secche contribuiscono al mantenimento delle normali funzioni intestinali.

Lo scopo della regolamentazione da parte dell’UE sui claim salutistici è infatti di salvaguardare i consumatori da false affermazioni salutistiche riportate in etichetta, nelle pubblicità, o nell’ambito di attività promozionali e di marketing. Tutti gli health claim vengono valutati attraverso un rigoroso controllo scientifico e richiedono documentazioni di alta qualità basate sulla buona prassi scientifica concordata a livello internazionale.
La decisione dell’EFSA è il risultato di sei anni di studi approfonditi per dimostrare l’effetto benefico delle prugne secche per la salute dell’apparato digerente,e riunisce le evidenze scientifiche di una serie di studi in materia di funzionalità intestinale a seguito dell’introduzione di prugne secche nella dieta.

La California è il maggior produttore di prugne secche al mondo,e la qualità delle Prugne della California è riconosciuta come superiore, grazie alle rigorose tecniche di raccolta impiegate, e alle valutazioni di controllo di qualità. Il prodotto premium viene esportato in oltre 70 Paesi in tutto il mondo,e la California contribuisce per il 60% alle forniture di prugne secche del mondo.

 

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Urologia. Boom di tumori alla prostata. Aumentano tra i giovani quelli al testicolo

12 Lug 2013 Urologia

L’incidenza delle neoplasie alla prostata è aumentata del 53% in dieci anni. Al testicolo cresce del 6% l’anno. E 8 italiani su 10 tra gli over 60 soffre di patologie urologiche. A lanciare l’allarme l’Associazione Urologi Italiani in occasione del 20° Congresso nazionale a Montecatini Terme.

29 MAG – L’80% degli italiani con oltre 60 anni soffre di una patologia urologica. Non solo tumore della prostata, la neoplasia maschile più diffusa per la quale si registra un boom di incidenza del 53% negli ultimi dieci anni, ma anche incontinenza urinaria, neoplasia del rene, disfunzione erettile. Patologie che colpiscono sempre di più anche i giovani, se consideriamo che il tumore del testicolo ha fatto registrare un aumento del 45% negli ultimi 30 anni tra i ragazzi tra i 16 e i 24 anni. Ma i disturbi vengono troppo spesso sottovalutati.
 
È l’allarme lanciato dagli specialisti dell’Auro (Associazione Urologi Italiani), riuniti da oggi a Montecatini Terme in occasione del 20° Congresso Nazionale, per fare il punto sulle nuove terapie ed i progressi scientifici in questo campo. “Gli uomini italiani sono poco attenti alla loro salute – sottolinea Paolo Puppo, Responsabile dell’Urologia Oncologica Istituto Humanitas di Castellanza –, soprattutto quando il problema ha a che fare con la sfera sessuale. Un atteggiamento ben lontano da quello delle loro compagne: in caso di disturbi sessuali una donna impiega 2 settimane a chiedere una consulenza, un uomo ci mette 2 anni. E così il 70% degli over 50 non ha mai fatto l’esame del Psa, test principale per la diagnosi precoce del cancro alla prostata”.
 
Una neoplasia sempre più diffusa, come dimostrano le ultime statistiche. “Si tratta del tumore più frequente nell’uomo – dichiara Puppo –. La sua incidenza, infatti, raggiunge la soglia del 12% e sorpassa quella del polmone, ferma al 10%. Il tumore della prostata è raro negli individui con meno di 40 anni e aumenta progressivamente con l’età. È stato calcolato, quindi, che un uomo nel corso della vita presenta un rischio di sviluppare un carcinoma prostatico pari a circa il 15%. L’attribuzione delle categorie di rischio avviene solamente sulla base del PSA (Antigene Prostatico Specifico) e dei risultati della biopsia prostatica, che è il mezzo diagnostico per eccellenza”. La prevenzione è possibile e passa da uno stile di vita sano.
 
Alimentazione sana e attività fisica sono i fattori di rischio modificabili più importanti per impedire lo sviluppo, alterare il comportamento del tumore e arrestarne la progressione, suggeriscono gli esperti: “Molti elementi della dieta mediterranea possono giocare un ruolo importante nella prevenzione della neoplasia”.
 
Ma anche i più giovani devono prestare attenzione alla propria salute sessuale. “In Italia registriamo un aumento del 6% l’anno dell’incidenza dei tumori del testicolo, soprattutto tra gli under 24 – afferma Nicola Nicolai, della Struttura complessa di Urologia e responsabile della Chirurgia del Testicolo della Fondazione Istituto Nazionale dei Tumori di Milano –. Le cause risiedono nella modificazione dello stile di vita addirittura durante la gestazione, dove alimentazione, sedentarietà ed età materna sempre più elevata sono in grado di alterare equilibri ormonali responsabili della futura insorgenza della malattia. L’inquinamento atmosferico, probabilmente di più quello elettromagnetico, hanno probabilmente contribuito a questo aumento di incidenza. Ma in questa malattia la diagnosi precoce e l’autodiagnosi possono fare la differenza.
 
“Ragazzi e giovani adulti dovrebbero conoscere dimensioni e aspetto dei loro testicoli – aggiunge Nicolai –, esaminandoli periodicamente senza timore. Quando si notano delle anomalie bisogna sottoporsi a una visita urologica, senza far trascorrere settimane o mesi, come purtroppo ancora succede”.
 
Quando la prevenzione non raggiunge i risultati sperati, la tecnologia e le nuove strumentazioni vengono in aiuto dell’urologo al momento della cura. Senza dimenticare la collaborazioni tra specialisti.
 
 
“Il ruolo dei medici è fondamentale – sottolinea Puppo – prima di intervenire occorre definire il percorso attraverso l’interazione tra i vari specialisti, individuando il ruolo di ciascuna terapia a seconda del paziente. Ma la ricerca ha fatto passi da gigante e costituisce una grande arma in nostro possesso. Per individuare il tumore della prostata, ad esempio, spesso la biopsia tradizionale non è sufficiente, perché non riesce a raggiungere tutte le zone della ghiandola. A questo si sta finalmente ovviando con l’adozione di ecografi tridimensionali che simulano, ricostruiscono e registrano il percorso dell’ago all’interno della ghiandola. Con la biopsia in 3D si ha quindi finalmente un controllo di qualità del prelievo e la ragionevole certezza di aver effettuato una valida mappatura (mappaggio) della prostata”.
 
Anche la diagnostica per immagini è in grado di “vedere” il tumore della prostata. “La Risonanza Magnetica (RM) ha un’elevata sensibilità per il carcinoma prostatico – conclude Puppo –, peccato che sia praticamente impossibile eseguire una biopsia transrettale sotto RM. Fortunatamente sono stati di recente introdotti software cd di “fusione elastica”, che sono in grado di trasferire le informazioni della RM sull’immagine ecografica tridimensionale. È nata così la “fusion biopsy “ o biopsia con fusione, che già nelle prime serie si è dimostrata in grado di aumentare significativamente sino a raddoppiare l’accuratezza diagnostica. Verrà quindi ridotto il numero delle biopsie inutili e verrà fornito al clinico un inquadramento migliore, che consentirà di sbagliare sempre meno nell’attribuire una categoria di rischio al tumore prostatico”.

Il  trattamento raddoppia nel melanoma metastatico il tempo di sopravvivenza, che in media è inferiore ai 9 mesi. Presentati i risultati di un’indagine sugli italiani e sulla conoscenza del tumore della pelle, che ha messo in luce abitudini scorrette e atteggiamenti spesso contraddittori molto diffusi.

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Tumore vescicale invasivo, chemio più radio meglio che da sola

6 Ott 2012 Urologia

In uno studio inglese giunto alla fase 3, la chemioterapia con fluorouracile e mitomicina C, combinata con la radioterapia, ha migliorato in modo significativo il controllo locoregionale del tumore della vescica rispetto alla sola radioterapia. I ricercatori hanno condotto il trial, randomizzato e multicentrico, su 360 pazienti affetti da carcinoma della vescica con invasione muscolare, che hanno ricevuto la radioterapia con o senza chemioterapia a base di fluorouracile più mitomicina C. La sopravvivenza libera da malattia a livello locoregionale è stata scelta come endpoint primario, mentre i secondari sono stati la sopravvivenza complessiva e gli effetti avversi. Dopo due anni, la percentuale dei soggetti liberi da malattia locoregionale è stata del 67% nel gruppo che aveva ricevuto sia la chemioterapia che la radioterapia, mentre tra coloro che erano stati sottoposti soltanto a quest’ultima la percentuale è scesa al 54%. Anche i risultati relativi alla sopravvivenza complessiva sono stati favorevoli alla combinazione delle terapie e, a cinque anni, è stata valutata rispettivamente al 48% e al 35%. L’approccio chemioradioterapeutico ha comportato – rispetto alla sola radioterapia – una frequenza leggermente maggiore di effetti avversi di grado 3 o 4 nel corso del trattamento (36% vs 27,5%), ma molto minore durante il follow-up (8,3% vs 15,7%). I partecipanti sono anche stati suddivisi in modo randomizzato in due coorti sottoposte a trattamento radioterapico sull’intera vescica oppure su un’area limitata, dunque con un disegno sperimentale a due fattori, ma i risultati di questa ulteriore analisi non sono stati ancora resi noti.

N Engl J Med, 2012; 366:1477-88

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Iperplasia prostatica benigna, promettenti inibitori Pde-5

7 Set 2012 Urologia

Gli inibitori della fosfodiesterasi di tipo 5 (Pde5i) possono migliorare in modo significativo i sintomi del tratto urinario inferiore (Luts) e la disfunzione erettile (De) nei pazienti con iperplasia prostatica benigna (Ipb). I Pde5i sembrano essere un trattamento promettente per i Luts secondari a Ipb con o senza De. Sono queste le conclusioni di una revisione sistematica e metanalisi effettuata da Mauro Gacci del dipartimento di Urologia dell’università di Firenze, e collaboratori, sugli studi prospettici e trasversali disponibili relativi all’impiego dei Pde5i da soli o in associazione con alfa-1-bloccanti in pazienti con Luts da Ipb. Su 107 articoli recuperati, nella meta-analisi ne sono stati inclusi 12. Di questi 7 erano stati svolti con i Pde5i contro placebo, per un totale di 3.214 uomini, mentre 5 erano stati condotti su 216 soggetti confrontando l’associazione tra Pde5i e alfa-bloccanti agli alfa-bloccanti da soli. Il follow-up di tutti i trial è stato in media di 12 settimane. Combinando i risultati dei trial, l’uso dei Pde5i da soli rispetto al placebo è apparso associato – al termine dello studio – a un significativo miglioramento dell’International Index of Erectile  Function (Iief) score e dell’International Prostate Symptom Score (Ipss) score ma non del tasso di flusso urinario massimo (Qmax). Rispetto all’alfa-bloccante da solo, l’associazione di Pde5i e alfa-bloccanti a fine studio ha invece dimostrato di migliorare non solo i punteggi Iief e Ipss ma anche il Qmax.

Eur Urol, 2012; 61(5):994-1003

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Cancro alla prostata, Psa sconsigliato da esperti Usa

4 Ago 2012 Urologia

Lo Us Preventive Services Task Force ha ufficialmente bocciato il test del Psa per lo screening del cancro della prostata, come esame di routine negli uomini sani di mezza età. Una raccomandazione, destinata a sollevare polemiche, determinata, dicono le conclusioni della task force governativa statunitense, «dalle scarse evidenze che i benefici siano superiori ai rischi». Viene così esteso un provvedimento già preso per gli uomini di età superiore ai 75 anni. L’unica concessione riguarda casi individuali, laddove il clinico, riconosciuta l’evidenza, possa applicare la decisione del test al singolo paziente. La raccomandazione restrittiva ha suscitato l’immediata replica dell’American Urological Association che si è detta «oltraggiata» dal parere. «Gli uomini che sono in buona salute» aggiungono gli urologi statunitensi «e hanno più di 10-15 anni di aspettativa di vita dovrebbero poter scegliere di fare il test e non essere scoraggiati». E in Italia? «La scelta assolutista è criticabile» secondo Riccardo Valdagni, Direttore del Programma Prostata dell’Istituto dei Tumori di Milano, «se è vero che il Psa non può essere adottato come screening di popolazione a livello nazionale, lo stesso discorso non può essere trasferito in modo indiscutibile sul singolo. E questo» secondo Valdagni «vale fino a che non ci saranno conclusioni definitive in questo senso prodotte dai 3 studi randomizzati in corso». Il rischio, spiega il vicepresidente Siuro, è la sovradiagnosi e il conseguente eccesso di terapia «ma al paziente con una buona aspettativa di vita che desiderasse sottoporsi al test, se adeguatamente informato sui rischi, il test non va negato» conclude.

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Biomarker urinari per diagnosi di danno renale acuto

3 Feb 2012 Urologia

Una serie di molecole proposte recentemente come biomarker urinari di danno renale intrinseco acuto consentono di effettuare affidabili stratificazioni prospettiche diagnostiche e prognostiche in fase di triage nei dipartimenti di emergenza. La loro validazione è stata compiuta mediante uno studio di coorte prospettico multicentrico da Thomas L. Nickolas, della Columbia University di New York (Usa) e collaboratori. In 1.635 pazienti non selezionati, al momento dell’ammissione nel dipartimento di emergenza, sono stati misurati 5 biomarcatori urinari: lipocalina associata alla gelatinasi neutrofila urinaria (Ngal), molecola-1 di danno renale (Kim-1), proteina urinaria legante gli acidi grassi di tipo epatico, interleuchina-18 urinaria, cistatina-C. Tutti i biomarcatori sono risultati elevati in caso di danno renale acuto intrinseco, ma la Ngal si è dimostrata la più utile (con l’81% di specificità e il 68% di sensibilità al cutoff di 104 ng/ml) e la piùpredittiva in termini di gravità e durata della lesione renale. A sua volta il danno intrinseco renale si è rivelato fortemente associato ad outcome avverso intraospedaliero. La Ngal e la Kim-1 si sono inoltre rivelate efficaci nel predire un outcome composto da inizio della dialisi o morte durante il ricovero, ed entrambi i biomarcatori hanno migliorato la riclassificazione netta del rischio rispetto alle valutazioni convenzionali. Questi marker, infine, hanno identificato una significativa sottopopolazione caratterizzata da bassi livelli sierici di creatinina al momento del ricovero, ma che erano a rischio di eventi avversi.

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Ipertrofia prostatica, nuove linee guida italiane

21 Dic 2011 Urologia

Nuovi farmaci, approcci terapeutici originali con molecole già note e un’analisi rigorosa dell’utilità di impiego dei fitoterapici. Sono tra i capitoli chiave di terapia medica aggiornati nelle linee guida 2011 sull’Ipertrofica prostatica benigna (Ipb) presentate in questi giorni a Sorrento dall’Auro.it (Associazione urologi italiani). «Un lavoro di circa un anno, che ha preso in esame la letteratura a partire dal 2007 sino a fine 2010 e che si distingue per una filosofia di base che pone al centro, ancor prima della malattia, il paziente, le sue condizioni e le sue scelte» spiega Sebastiano Spatafora, coordinatore del Comitato scientifico Auro.it. «Sul fronte della terapia medica abbiamo prodotto diverse raccomandazioni. Intanto sono emerse evidenze importanti per l’uso in combinazione di alfa-bloccanti e inibitori della 5 alfa reduttasi in pazienti con Ipb e prostata di volume aumentato. Tale combinazione porta indubbi vantaggi che superano il maggior rischio di effetti collaterali. Altra novità è la raccomandazione all’uso della combinazione di alfa litici e anticolinergici in pazienti con sintomi ostruttivi della prostata e vescica iperattiva.  Prendendo, poi, in esame gli inibitori della 5 fosfodiesterasi, l’unica indicazione che emerge dall’analisi della letteratura riguarda il taladafil 5 mg: il paziente con disfunzione erettile e Ipb, già in terapia con taladafil, può evitare di assumere farmaci specifici per la cura dell’iperplasia in quanto il farmaco è in grado di controllare i sintomi dell’iperplasia». Infine il capitolo dei fitoterapici, usati da tantissimo tempo ma ancora con poco  evidenza scientifica di supporto in letteratura. «La nostra analisi» precisa Spatafora «consente per la prima volta di discriminare i fitoterapici non indicati da quelli che, in casi fortemente selezionati, possono essere utili».

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Incontinenza: efficace l’ossibutinina cloridrato in gel

9 Nov 2011 Urologia

L’ossibutinina cloridrato nella formulazione in gel per uso topico è efficace nel trattamento dell’incontinenza da urgenza. Emerge da un’analisi di sottogruppo di un trial clinico di fase 3 condotto da Peter K. Sand dell’university of Chicago Pritzker school of medicine e collaboratori. La sperimentazione, della durata di 12 settimane, è stata condotta su 704 donne con incontinenza da urgenza randomizzate ad assumere il farmaco o un placebo.
L’impiego del farmaco rispetto al placebo ha consentito di ridurre gli episodi di incontinenza nell’arco di una giornata (3 episodi in meno nel gruppo in trattamento contro i 2,5 in meno nel gruppo placebo) e la frequenza delle minzioni (P = .0013), ha aumentato la quantità di urina emessa nel corso delle minzioni (P = .0006) e la qualità di vita (P
< .0161). L’unico effetto collaterale significativo riscontrato è stato la secchezza delle fauci, presente nel 7,4% delle donne in trattamento e nel 2,8% del gruppo di controllo.

Am J Obstet Gynecol, 2011 Aug 11. [Epub ahead of print]

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Il grasso viscerale come fattore di rischio di ca prostatico

31 Ott 2011 Urologia

L’obesità definita dall’indice di massa corporea (Bmi) e circonferenza vita sembra associarsi al cancro prostatico, e in particolare, a un tumore di grado elevato al momento della biopsia. Il rapporto complesso che intercorre tra obesità e carcinoma prostatico richiede comunque ulteriori studi e approfondimenti. È questo il messaggio conclusivo di uno studio di coorte, prospettico e multicentrico italiano condotto da Cosimo De Nunzio del dipartimento di Urologia dell’università La Sapienza di Roma e collaboratori. Tra il 2008 e il 2011, in tre cliniche nazionali sono stati arruolati 668 pazienti per essere sottoposti a ecografia prostatica transrettale (Trus). Prima della biopsia, i pazienti sono stati sottoposti a esplorazione rettale e sono stati misurati il Psa, il Bmi e la circonferenza vita. I soggetti sono stati suddivisi in quattro gruppi a seconda del Bmi e della circonferenza vita. Su tutto il campione arruolato, il carcinoma prostatico è stato riscontrato in 246 soggetti (38%), di cui 136 a basso grado (Gleason score </=6) e 110 ad alto grado (Gleason score =/>7). In base ad analisi multivariate di regressione logistica è emerso che il Bmi e la circonferenza vita erano fattori predittivi significativi di diagnosi di tumore alla prostata e anche associati ad alto grado della scala Gleason. Inoltre, anche l’obesità con grasso viscerale (Bmi =/>30 kg/m2 e circonferenza vita =/>102 cm) è risultata associata in modo significativo a una diagnosi di carcinoma prostatico di alto grado.

Urol Oncol, 2011 Sep 16. [Epub ahead of print]

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