Rigidit? arteriosa connessa ad eventi cardiovascolari

12 Giu 2005 Cardiologia

La misurazione dell’intervallo QKD, il tempo che intercorre fra l’onda QRS
all’elettrocardiogramma ed il rilevamento dell’ultimo suono di Kotokoff durante
la misurazione della pressione, costituisce un indicatore della rigidit? arteriosa,
che a sua volta ? un indice di rischio cardiovascolare, indipendente dalla
pressione sistolica. La possibilit? di valutare la rigidit? arteriosa ? un importante
mezzo di rilevamento dei pazienti ad alto rischio di complicazioni
cardiovascolare: la vera et? del paziente, in un certo senso, ? la sua et?
vascolare, come gli autori stessi sottolineano. La procedura, effettua bile durante
la misurazione ambulatoriale della pressione, ? semplice da applicare ed ha il
vantaggio di essere completamente automatica, e non passibile quindi di alcun
errore da parte dell’osservatore. Il prossimo passo sar? comprendere quanta
parte dell’aumento della rigidit? arteriosa possa essere invertita o rallentata
mediante interventi terapeutici. (Am J Hypertens 2005; 18: 470-6)

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Connessi ad irregolarit? mestruale

Le irregolarit? mestruali sono connesse ad un aumento del rischio di asma e
febbre da fieno nelle donne giovani. La ragione di questa associazione non ?
chiara, ma pu? essere correlata a fattori metabolici o dello sviluppo in comune.
Precedenti studi avevano suggerito la presenza di un disturbo negli ormoni
sessuali nelle donne asmatiche, ma non era finora chiaro se asma ed allergie
fossero connessi alle irregolarit? mestruali nella popolazione generale. Il
presente studio ? il primo a dimostrare che asma ed allergie sono connessi a
cicli mestruali irregolari, e solleva la possibilit? di una pi? elevata incidenza dei
problemi di subfertilit? nelle donne asmatiche, come indicato in uno studio
precedente. (Thorax 2005; 60: 445-50)

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Comune la sindrome metabolica

12 Giu 2005 Cardiologia

Vi ? un’elevata prevalenza della sindrome metabolica nei pazienti con infarto
miocardico acuto: tale sindrome ? associata a sesso femminile, anamnesi di
precedenti infarti e fattori di rischio cardiovascolare multipli. La sindrome
metabolica ? associata ad esiti peggiori a seguito dell’infarto, ed all’aumento del
rischio di Insufficienza cardiaca. In precedenza, il suo impatto era sconosciuto.
Fra le sue componenti, l’iperglicemia ? quella maggiormente associata al rischio
di sviluppare insufficienza cardiaca grave. Dato il costante aumento della
prevalenza della sindrome metabolica nel mondo, questo dato ha importanti
implicazioni cliniche e conferma l’importanza della valutazione del controllo
glicemico durante la fase acuta dell’Infarto. (Arch Intern Med. 2005; 165: 1192-8)

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Acidi grassi trans nella dieta aumentano il rischio

Gli uomini che assumono maggiori quantit? di acidi grassi trans nella dieta sono
esposti ad un modesto aumento del rischio di calcolosi. Il consumo di questi
acidi grassi influenza infatti negativamente il livello di lipidi nel sangue, ma la
correlazione con l’incidenza della calcolosi era finora sconosciuta. I risultati del
presente studio si aggiungono alle preoccupazioni collegate ai possibili effetti
negativi per la salute di 011 vegetali e margarina. Le uniche limitazioni dello
studio possono comprendere problemi di classificazione dovuti
all’autoriferimento dei dati da parte del paziente, possibile presenza latente di
calcolosi nel paziente stesso o possibili fattori interferenti residui. (Arch Intern Med. 2005; 165: 1111-6)

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Stent coronarico: statine utili indipendentemente dal livello di colesterolo

Nei pazienti normocolesterolemici, il trattamento con stati ne a seguito di
applicazione di stent coronarico non inibisce l’iperplasia intimale e la restenosi,
ma promuove la regressione della placca sia a livello dei siti operati che di quelli non operati. Sia gli studi clinici che sperimentali avevano precedentemente
suggerito che le statine potrebbero essere in grado di inibire l’iperplasia intimale e pertanto la restenosi all’interno dello stento L’arteriosclerosi coronarica ? una malattia diffusa, e lo stenting ? efficace solo per il trattamento delle lesioni
coronariche occlusive. In base al presente studio, dopo il piazzamento di uno stent coronarico, le stati ne andrebbero usate anche in paziento senza livelli elevati di colesterolo, dato che favoriscono la regressione dell’arteriosclerosi coronarica. (Am Heart J 2005; 149: 520-6)

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Obesit? nella mezza et? aumenta rischio di demenza

L’obesit? nella mezza et? ? associata ad un aumento del rischio di demenza nel futuro.
Contrariamente ai dati degli studi cross-section, un recente studio retrospettivo ha rivelato questo tipo di rapporto fra le due patologie.
Il rapporto rilevato ? indipendente dalle caratteristiche sociodemografiche e dalle pi? comuni comorbidit? a carico del paziente.
La valutazione dell’obesit? prima dell’et? anziana pu? costituire una rappresentazione pi? accurata dell’adiposit? in quanto il rapporto fra massa magra e massa grassa cambia con l’invecchiamento, determinando una diminuzione dell’indice di massa corporea (BMI).
Futuri studi su obesit? e demenza dovrebbero prendere in considerazione la distribuzione dell’adiposit? ed il ruolo delle adipocitochine su struttura e funzionalit? del cervello.
Se i risultati del presente studio verranno confermati altrove, il trattamento dell’obesit? potrebbe forse ridurre il rischio di demenza.
(BMJ online 2005, pubblicato il 28/4)

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Deficit di GH non necessita terapia con altezza et? adulta

Non ? necessario trattare gli adolescenti con deficit di GH quando raggiungono l’altezza dell’et? adulta.
Il trattamento di questi soggetti rimane una sfida: ricerche estensive sugli effetti del deficit di GH e della relativa terapia sostitutiva sulla qualit? della vita nell’adolescenza e nella prima et? adulta hanno portato a risultati equivoci, specialmente per quanto riguarda i pazienti trattati per deficit di GH con insorgenza durante l’infanzia.
I pazienti con deficit di GH trattati durante l’infanzia possono presentare densit? ossea, composizione corporea, funzionalit? cardiaca, forza muscolare e metabolismo glicidico e lipidico normali, come anche una normale qualit? della vita quando raggiungono un’altezza adulta.
La prosecuzione della terapia sostitutiva per due anni non cambia questi parametri, e quindi tale terapia pu? essere sospesa in sicurezza all’atto della fusione epifiseale.
Un monitoraggio attento dovrebbe determinare quando si sviluppi la sindrome da deficit di GH in et? adulta e se debba essere istituita una terapia sostitutiva.
Se e quando il fenotipo del deficit di GH in et? adulta viene identificato, pu? essere riconsiderata l’ipotesi di una ripresa della terapia, ma l’intervallo di tempo in cui ci? accade dipende dal singolo paziente, dalla gravit? del deficit del GH, dal livello di forma fisica del paziente o anche dalle dosi di ormone assunte in precedenza.
Pertanto, il trattamento del deficit di GH nell’adolescente in transizione dovrebbe essere individualizzato.
(J Clin Endocr Metab online 2005, pubblicato il 26/4)

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Sepsi intraaddominale grave: IVIG ad alte dosi migliora sopravvivenza

La terapia immunoglobulinica per via endovenosa arricchita con IgM (IVIG) ad alte dosi, se usata in combinazione con antibiotici adeguati, potrebbe salvare una vita in pi? ogni quattro pazienti trattati per sepsi intraaddominale. Con l’aggiunta della terapia coadiuvante con IVIG ad alte dosi alla terapia
antibiotica, infatti, si ottiene un miglioramento della sopravvivenza superiore al 90 percento. La terapia IVlg, dunque, almeno in questi pazienti, garantisce
benefici a livello clinico, ma ? comunque necessario testarla in altri tipi di sepsi. A prescindere dalla potenziale influenza della terapia IVIG, comunque, un
modello di analisi della regressione logistica ha confermato che la scelta iniziale dell’antibiotico ha un impatto drammatico sugli esiti, dato che il decesso
sopravviene nell’87,5 percento dei pazienti su cui viene praticata una terapia antibiotica inappropriata. (Shock 2005; 23: 298-304)

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Tar Campania – Accreditamento provvisorio e limiti di et

Per le discipline mediche specialistiche esercitate in studi privati, la titolarit? del rapporto convenzionale, da cui deriva il successivo accreditamento, fa capo al singolo professionista, anche quando lo studio ? organizzato sotto forma di persona giuridica, secondo quanto gi? previsto dalla norma finale n. 4
dell’accordo collettivo approvato con il d.P.R. n. 119 del 1988 ; per la disciplina dell’attivit? libero-professionale specialistica svolta nell’ambito del servizio
sanitario nazionale, continua a trovare applicazione il citato accordo, per le parti che non risultino abrogate o incompatibili con il nuovo regime dell’accreditamento. (www.dirittosanitario.net)

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Hiv: comune ipercolesterolemia nei bambini

29 Mag 2005 Immunologia

L’ipercolesterolemia ha una prevalenza pi? che doppia nei bambini con infezione da Hiv rispetto agli altri bambini.
L’uso di inibitori delle proteasi (PI) in questi bambini pu? portare all’ipercolesterolemia, ma studi precedenti su bambini con infezione perinatale da Hiv non hanno portato a risultati costanti.
Chiaramente, in questi bambini ? indicato il monitoraggio costante dei livelli lipidici, soprattutto durante la terapia con PI.
Sono inoltre necessari studi su dislipidemie ed altre complicazioni metaboliche nei bambini con infezione perinatale da Hiv.
Altri fattori di rischio di iperlipidemia in questa popolazione sono et? inferiore a sei anni e livelli di Hiv RNA al di sotto delle 400 copie/ml.
(J Immune Defic Syndr 2005; 38: 480-7)

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